


Il punto più rappresentativo di Berceto è senz’altro il Duomo e…da qui partiamo!
Seguiamo la Via Romea, proseguendo poi in Via del Seminario e, successivamente, in Via Evasio Colli fino a raggiungere la Strada Provinciale SP 114.
Attraversiamo la carreggiata e, subito dopo, sulla destra, imbocchiamo la strada campestre che, in ascesa, dopo aver superato un ruscello e due bivi, peraltro ben segnalati, ci consente di raggiungere la Strada Statale della Cisa SE 62, in località Tugo.
Anche qui attraversiamo quest’ultima e su strada, ancora asfaltata, raggiungiamo le case di Felgara (toponimo derivante dal latino: luogo delle felci), da dove prendendo a destra, sempre in salita, arriviamo ad uno slargo. Un luogo in cui, in passato, si svolgeva una qualche attività estrattiva.
Proseguiamo a destra, su sentiero e, attraversando prima un bosco e poi una prateria, incrociamo, sulla destra, la deviazione che, qualora volessimo imboccarla, ci condurrebbe all’Ostello della Cisa.
La nostra prima sosta ritemprante è però previsto che avvenga una volta raggiunto il Passo della Cisa, presso il bar lì presente. Un luogo in cui non è difficile incontrare altri pellegrini in cammino lungo questa tappa.
Proseguiamo quindi, facendo invece, questa sì, una piccola deviazione per raggiungere la vetta del monte Valoria. Imbocchiamo il sentiero 733, ed in poche centinaia di metri siamo…in paradiso!
Una piccola fatica aggiuntiva che è stata ben ripagata! La giornata è tersa e, come spesso avviene, in particolare in Primavera ed Autunno, l’occhio non solo può abbracciare tutta la valle del Fiume Magra ma riesce a spingersi fino a cogliere le isole dell’arcipelago toscano.
Per un po’ godiamo dello spettacolo senza rinunciare a scattare qualche fotografia quindi, sollecitati dal capo/guida, imbocchiamo sulla destra il sentiero 00.
Lo stesso, ben visibile, anche in virtù di un’edicola votiva posta al suo fianco, inizia con un percorso ripido e sassoso, e prima con un tratto su crinale, poi in discesa dolce ed all’interno del bosco ci riporta sulla statale 62, ormai in prossimità del Passo della Cisa.

Al Passo della Cisa, come previsto, ci fermiamo per una breve sosta.
Da una barista cortesissima otteniamo panini birre, caffè e poi una specialità locale, una sorta di tordello dolce composto da una pasta sfoglia contenente un ripieno di marmellata artigianale: superbo!
Alcuni pellegrini con cui intavoliamo un’amichevole conversazione, ci danno una informazione preziosa. E’ la seconda volta che percorrono questa tappa perchè, durante la prima, fuorviati dall’accavallarsi di indicazioni, non hanno seguito il percorso ufficiale.
Solo , una volta arrivati a Pontremoli, confrontandosi con altri che invece si erano mossi seguendo i segni bianchi e rossi, non avevano potuto fare a meno di rammaricarsi del loro errore. Ed oggi sono qui, a distanza di un anno, per vedere quanto è loro sfuggito durante la passata esperienza.
Pertanto, calorosamente si raccomandano: seguite sempre i segni bianchi e rossi e non lasciatevi sedurre da indicazioni alternative. Un leggero accorciamento del percorso, non merita un lungo rimpianto per ciò che, di bello, in tal modo, si è perso!
Infine Silvia, mentre sgombra il tavolo dalle tazzine ormai vuote, ci invita anche a fare una breve visita alla chiesetta della Cisa, collocata proprio su una scalinata sovrastante la Via Francigena.
Lo facciamo: la chiesa è piccola e non presenta un particolare valore architettonico, però gode di una singolare particolarità.
Da quando, Nel 1965, la Madonna della Guardia della Cisa è stata proclamata “patrona degli sportivi di tutto il mondo”, non pochi di questi sono qui arrivati a chiedere il suo sostegno.
Un aiuto che, ad esempio, sembrerebbe non essere mancato a Rivera, Adorni, Bugno.
In cambio hanno lasciato le loro maglie che ora sono incorniciate e visibili all’interno dell’edificio religioso.
Per me cresciuto al grido di “Rivera sei la perla rossonera”…un’emozione: grazie Silvia!
Per arrivare alla chiesa, una volta usciti dal Bar, abbiamo percorso una decina di metri su strada asfaltata, individuando poi fra gli altri il cartello indicante la Via Francigena (attenzione perché qui c’è anche il cartello della Via Francigena in auto che potrebbe trarre in inganno ed indirizzarvi lungo la strada statale: la Via Francigena in auto?! Chissa chi avrà avuto questa idea, a mio avviso, per nulla brillante!). Comunque il cartello lo si costeggiamo lasciandolo sulla nostra sinistra ed affrontiamo il viottolo che corre al di sotto della scalinata che conduce alla chiesa sopra menzionata.
Attraverso un sentiero di crinale, quello del CAI 00, inizialmente irto ma, dopo poco, molto meno impegnativo, veniamo introdotti in un maestoso bosco di faggi.
Ad un certo punto, in presenza dell’incrocio con altri sentieri le nostre indicazioni ci inducono a imboccarne uno che scende sulla nostra sinistra.
In tal modo entriamo, in maniera dolce, nel versante toscano dell’Appennino.
Un’area di sosta attrezzata, in mezzo a tanta bellezza, riesce a sedurci ma dopo una breve sosta, durante la quale da uno zaino, accolto da un tripudio di acclamazioni, fuoriesce un thermos contenente il caffè, ci rimettiamo tosto in cammino.
Al termine del bosco di faggi incontriamo una fitta abetaia ed all’uscita dalla stessa, una superfice prativa che attraversiamo ritrovandoci nuovamente al ciglio della SE 62.
La attraversiamo ed in breve percorriamo il tratto di sentiero che, con rilassante discesa, ci conduce al Passo del Righetto.
Qui, come ci era stato detto, non ci lasciamo distrarre dalle sirene di percorsi alternativi.
L’indicazione era stata chiara: alla vostra sinistra vedrete una cabina dell’Enel, esteticamente in distonia con il contesto circostante. Passatele davanti aprendo e richiudendo alle vostre spalle il cancello che trovate lì vicino-. E così abbiamo fatto.
Percorso un leggero tratto in salita siamo arrivati sul Monte Cucchero.
Un osservatorio che consente di abbracciare l’intera Valdantena sottostante, sul quale è stato posizionato il campanile dell’amicizia.
In una terra in cui il campanilismo ha sempre animato passioni qui è stato, infatti, collocato un campanile in arenaria in grado di vedere ogni altro campanile presente nella valle, le cui immagini sono anche state scolpite sul basamento di quest’opera: un invito alla fratellanza!


Lo spettacolo è affascinante. Diritto davanti a noi ci appare Pontremoli, sulla sinistra vediamo l’intera Valdantena ed il Passo del Cirone mentre, sotto di noi, sulla destra, il massiccio viadotto autostradale si impone stagliandosi alle spalle di Montelungo.
Scendiamo quindi fra cerri, carpini e castagni che, con il diminuire dell’altitudine sono andati sostituendo i faggi.
Il sentiero è ben individuabile, largo in alcuni tratti, meno in altri. Quello che lo caratterizza in questo tratto è la rapida perdita di quota.
Una discesa sicura ma anche impegnativa che, anticipandola con una bella cappella votiva, ci conduce in prossimità di Cavezzana D’antena.
Quest’ultimo borgo è solo sfiorato dalla Via Francigena ma non rinunciamo a deviare per i pochi metri necessari a visitarlo.
Invece di imboccare il sentiero alla nostra sinistra, andiamo in direzione opposta. Dopo pochi metri attraversiamo un pluricentenario ponte in pietra che ci introduce all’entrata del paese. Qui possiamo apprezzare la piazza e l’impianto del borgo, vedere la bella chiesa e riempire nuovamente le nostre borracce nella apprezzata acqua della pubblica fonte.
Ritorniamo quindi, in breve sui nostri passi, reimettendoci sul cammino francigeno che, attraverso il sentiero fiancheggiato da terreni incolti ma anche piane coltivate e muretti a secco, ci conduce a Groppoli.
L’intera valle è lussureggiante e sicuramente non soffre di carenze idriche. Ogni borgo ha la sua fontana ed, a Groppoli, malgrado il paese sia molto piccolo, ce ne sono ben due: una vera gioia per i pellegrini!
Attraversato il borgo, continuiamo a scendere sempre lungo il solito sentiero che ci conduce sulla strada Provinciale SP 42, detta Strada di Gravagna.
La imbocchiamo dirigendoci alla nostra destra e dopo pochi metri, ben visibile e segnalato, sulla sinistra, ci appare il sentiero che ci conduce a fondo valle dove, un ponte tibetano in tavole ci consente di attraversare il torrente Civasola.
Sotto di noi, in una ampia pozza, due pellegrini che ci precedevano sul cammino, stanno beatamente sguazzando, giudicando dalle esclamazioni, direi con grande soddisfazione.
Risaliamo quindi aggredendo l’altura che ci si presenta sulla sponda opposta e, attraverso un sentiero che si snoda nel bosco, dopo una breve ma impegnativa salita, ecco la nostra odierna meta: il piccolo e ordinato borgo di Previdè!