Da San Gimignano a Monteriggioni

Francigena: le torri di San Gimignano

Da San Gimignano a Monteriggioni: una tappa così bella che…l’abbiamo percorsa 2 volte!

Muovendoci fra uliveti e vigneti disegnati dalle mani sapienti di coloro che hanno raccolto il testimone di una cultura plurisecolare, ci siamo più volte attardati ad osservare la bella sagoma di San Gmignano che, vista da distante, sembrava acquistare ancor più fascino.

In uno di questi momenti, mentre io e Marzia stavamo scambiandoci considerazioni inerenti il paesaggio, siamo stati raggiunti da una coppia di ragazzi spagnoli con i quali, in virtù dello spirito che permea la Via Francigena, abbiamo subito socializzato.

In breve abbiamo avuto modo di appurare quanto, a tutti e quattro, stessero a cuore le tematiche inerenti il paesaggio, l’ambiente, la natura ed anche quanto fosse comune la preoccupazione per gli effetti che il modo di vivere attuale, poco attento a certi aspetti, potrà produrre in un tempo più o meno breve.

Marzia, il cui zaino è simile alla magica borsa di Mary Poppins, capace quindi di regalare piacevoli sorprese al momento opportuno, ci ha piacevolmente sorpresi estraendone un thermos ed offrendo a tutti un caffè caldo.

Un piacere temperato dal fatto che quello che Marzia chiama caffè in realtà, questo almeno è ciò che penso io, la sua è solo una bevanda al vago sentore di caffè. Però, gli spagnoli sembrano apprezzare per cui, pavidamente, nel timore di apparire ipercritico, evito di esprimere il mio parere. Sorseggio e sorrido, convinto di saper fare di meglio!

Nell’incedere affiancati la nostra conversazione continua focalizzata sempre sul solito argomento: Alejandro e Alicia ci parlano della scellerataggine con cui negli anni ’80 del secolo scorso è stata cementificata la costa meridionale della Spagna e noi di contro non possiamo astenerci dall’equilibrare la poco onorevole partita indicando analoghi esempi fra i quali quello a noi più vicino rappresentato dalla costa ligure.

L’atmosfera di alta idealità non consente lamentazioni di carattere infdividuale.

Per cui mi astengo dal lagnarmi per il fastidio provocatomi da una vescica non ancora perfettamente rimarginata e, così come fanno i miei compagni di viaggio, continuo ad infervorarmi per le sorti dell’intera umanità.

In un crescendo di ambientalistici proclami ci ripromettiamo di sostenere un futuro e poco probabile movimento capace di porre rimedio ad ogni scempio, senza esitare, là dove necessario, a procedere con una massiccia opera di decostruzione.

Una di quelle cose che ci piace credere anche se certi che non ci saranno mai.

Peraltro, qui ed ora non possiamo che vicendevolmente rallegrarci per la bellezza dei luoghi che stiamo attraversando: alberi secolari, nonché ampie superfici vitate al cui centro, sovente al culmine di dolci colline, si scorgono antiche case contadine perfettamente reuperate.

Luoghi in cui la mano dell’uomo non si è mossa animata da un’ottusa avidità ma, così almeno sembra, ha saputo temperare l’aspetto economico con il senso estetico ereditato da progenitori che, nati e vissuti in questi luoghi, hanno dato vita al Rinascimento.

Francigena nella val d'Elsa

Proseguiamo quindi affiancati fino ad Aiano e qui subentra una indecisione: indirizzare i nostri passi verso Quartaia ed avere così modo di vedere “le caldane” o piuttosto imboccare la variante ed inoltrarci nel bel parco fluviale dell’Elsa?

Finiamo per adottare una terza soluzione: in questo punto ci dividiamo, scambiandoci però i numeri di telefono necessari a ritrovarci una volta giunti a Monteriggioni.

A sera faremo in modo di ricostituire il gruppo per raccontare l’una all’altra coppia quanto di interessente ha avuto occasione di vedere.

Noi, io e Marzia, ci inoltriamo quindi sulla variante mentre Alejandro e Alicia proseguono sul percorso ufficiale e ben presto abbiamo modo di rallegrarci della nostra scelta.

Gracciano in Val d'Elsa

Superato l’abitato di Colle Val d’Elsa, dove peraltro ci fermiamo a mangiare un panino ed a visitare il centro storico di impianto medievale, arriviamo a Gracciano.

Parco fluviale della Vald'Elsa

Qui ha inizio l’affascinante parco fluviale che si snoda per circa 2 km fino ad arrivare in località san Giorgio.

La vista, già dalla passerella di accesso pedonale, ci avverte che stiamo entrando in un mondo diverso. Un ambientepieno di sorprese.

Da lì infatti risultano ben visibili le opere idrauliche, la Steccaia ed il Callone Reale, realizzate dagli abitanti del luogo, nel X secolo.

Una testimonianza dell’attenzione che, ahinoi ancor più di oggi, nel Medioevo, veniva prestata alla regimentazione delle acque.

Attraverso tali interventi, quella che talvolta era una forza animata da una furia distruttrice, veniva domata, asservita alla volontà umana ed impiegata sia per l’irrigazione che per muovere le macine dei mulini.

Proseguendo si arriva a quella che per i locali, è sempre stato luogo di balneazione: la cascata di Diborrato.

Una pozza profonda 10 metri alimentata dallo spettacolare salto che le acque compiono nel superare i 15 metri di dislivello che le separa dall’altura soprastante.

Proseguendo al suo interno, poi, il Parco non è avaro di altri aspetti suggestivi quale è, ad esempio, la grotta dell’orso.

Ed, in succedersi di scalini, ponti tibetani staccionate e passerelle in legno,il Parco va a concludersi in località San Giorgio con l’approdo a luoghi identificati con nomi che, attribuiti secoli or sono, lasciano intendere quanto la toponomia, al tempo, fosse influenzata dalla natura: la Conchina, il Masso Bianco, la Nicchia e la Spianata dei Falchi.

Una influenza comprensibile in uno spazio contenente tanta naturale bellezza, ricco di una vegetazione floreale rigogliosa, di una fauna estremamente ricca e, solo discretamente plasmato da una attenta opera dell’uomo.

Il Parco, come già accennato, è popolato da un’ampia varietà di specie animali.

Al suo interno non è quindi insolito incontrare volatili quali l’airone cenerino, la gallinella d’acqua, la ballerina gialla, il martin pescatore, il germano reale e la garzetta, una specie che qui viene a svernare.

Ancor più variegato è poi l’ambito acquatico dove le specie più comuni (il cavedano, il barbo, la carpa, il ghiozzo di ruscello, il rospo la raganella, la rana verde, la rana agile, il tritone crestato e quello punteggiato) convivono con altre sfrattate da luoghi più compromessi.

Fortunatamente, hanno trovato nelle acque limpide del Parco il loro habitat ideale: la cozza d’acqua dolce, mollusco bivalve, lungo fino a 10 cm., che vive infisso sul fondale, i gamberi di fiume e, più restii a mostrarsi anche perché meno numerosi, i granchi di fiume.

Il Parco rappresenta oggi un luogo affascinante per gli adulti ed istruttivo per quanti invece ancora piccoli, qui, hanno modo di rendersi conto che la bellezza della natura è un patrimonio che abbiamo avuto in prestito e che necessita dell’attenzione di noi tutti per essere conservato a beneficio delle future generazioni.

Ma questo…i pellegrini, ed anche i loro figli, già lo sanno!

Non possono, però, accontentarsi di questa loro apprezzabile consapevolezza. Un altro compito li attende: parlarne a tutti in ogni occasione in cui ciò risulti possibile.

Con la gioia che sovente si prova in prossimità della conclusione di una tappa bella anche se impegnativa ci apprestiamo ad affrontare l’ultima dura salita che conduce a Monteriggioni.

Un affascinante paese che, una volta oltrepassata porta San Giovanni, si apre a noi in tutta la sua bella e magica atmosfera.

Rintracciati telefonicamente Alejandro e Alicia concordiamo con loro di cenare insieme in un grazioso ristorantino al centro del borgo.

Francigena la piazza di Monteriggioni

In questa occasione il loro racconto ci incuriosisce a tal punto che, essendo noi ormai sollevati da qualsiasi impegno lavorativo, in virtù della nostra non più verde età, decidiamo di allungare di un giorno il nostro cammino.

Così, il giorno successivo saliamo su un autobus del servizio locale ed in tal modo Quartaia da dove riprendiamo ad infilare, uno dietro l’altro, i nostri passi, desiderosi di giungere a ristorar le stanche menbra immergendole ne “le caldane”.

Il luogo ha il fascino che, inevitabilmente, si avverte là dove la storia ha lasciato un’impronta profonda.

Le caldane lungo la via francigena

Due vasche in pietra contenute all’interno di una serie di opere murarie di epoca etrusca che, successivamente, in epoca romana, furono ampliate per sfruttare le benefiche virtù della sorgente termale.

Peraltro, cosa non facile da comprendere, mentre una delle due contiene una invitante acqua trasparente pur se poco profonda, l’altra, quella più grande, sembra, al contrario, essere oggetto di una certa trascuratezza.

Le sue acque risultano infatti melmose e ricche di alghe…forse è un artifizio teso ad esaltare, per contrasto, il resto dell’ambiente.

Infatti oltre alla vasca con l’acqua limpida, peraltro utile a dar ristoro alle gambe ma non sufficientemente profonda da consentire una nuotata, il luogo è reso affascinante dall’ampio spazio prativo che lo circonda: uno scenario ideale per una sosta ristoratrice. Se Monet fosse vissuto a Colle Val D’Elsa invece che a Parigi forse il suo capolavoro “Le dejeuner sur l’herbe” sarebbe oggi conoscito come “La colazione sul prato” ed avrebbe come sfondo le caldane: chissà?

Dalla solita borsa della Marzia escono panini, bibite ed anche quella bevanda che lei si ostina a chiamare caffè. Ogni pensiero alto: pittorico, storico, ambientale viene accantonato per lasciar spazio ad una epicureica concentrazione sul cibo, sul sapore di quel buon pecorino toscano che, complice l’alta temperatura, dispiega profumi complessi.

Sazi ed anche un po’ impigriti rientriamo a Monteriggioni però questa volta…la salita la facciamo in autobus. Del resto l’ho già scritto: non siamo più giovanissimi!