I cipressi di San Quirico

I cipressi di San Quirico: la tavolozza di madre natura

Ci sono luoghi che, presi a se stanti, non hanno nulla che possa renderli degni di particolare attenzione mentre, se inseriti in uno specifico contesto, suscitano emozione.

Uno di questi è rappresentato dal boschetto di cipressi che, a breve distanza dal tracciato della via francigena, precede di poco l’arrivo a San Quirico d’Orcia.

Colpiscono l’occhio con la loro macchia di verde intenso che spicca al centro di una campagna toscana contraddistinta dai colori: ocra, marrone, rosso e contrappuntata da antichi casolari distinguibili ma anche elegantemente armonizzati con la cima delle colline circostanti.

Una tavolozza che, declinata in mille sfumature, ha reso famoso ovunque questo suggestivo paesaggio.

i cipressini di San Quirico lungo la via Francigena

Fotografati in ogni stagione e con la luce delle diverse ore del giorno, i cipressi di san Quirico, sono assurti a simbolo della toscana sotto l’aspetto paesaggistico rurale.

Peraltro questo fiabesco boschetto non è solo un bel paesaggio da guardare.

E’ capace di dirci molto più di quanto lo sguardo, talvolta superficiale, del turista di passaggio sia in grado di cogliere.

Ci parla di una cultura atavica, della fatica necessaria a procurarsi il cibo, nei secoli scorsi.

Una condizione, oggi pressochè sconosciuta nel nostro continente ma non così difficile da riscontrare ancora agli inizi del secolo scorso.

I cipressi d San Quirico ci parlano, quindi, della cultura contadina che ne ha suggerito l’impianto.

Una cultura, che anche quando finalizzata al soddisfacimento di bisogni primari, non trascurava di cercare l’appagamento estetico.

In questo caso, ad esempio, l’attenzione alla bellezza è testimoniato dal fatto che questo gruppo di alberi, non ha una disposizione casuale.

Nella creazione del luogo è stata prestata prestata attenzione al rispetto delle simmetrie ed alle equidistanze, sicché l’occhio non può fare a meno di coglierne la rasserenante armonia.

Come accennato però la finalità era molto pratica.

Sostenuta dal più primario dei bisogni:: mangiare!

Infatti, questo gruppo di cipressi, altro non era che una trappola per volatili.

All’interno del boschetto venivano tese rudimentali reti e, con lo stesso scopo, venivano posizionati improvvisati supporti, talvolta telai di ombrelli, cosparsi di una sostanza appicicosa realizzata con i frutti del vischio.

Due modi diversi ma complementari per intrappolare prevalentemente tordi, merli e qualche passeraceo.

A sera si passava a ritirare il frutto di questa astuta forma di caccia.

Un bottino che, il giorno successivo, in accompagnamento alla immancabile polenta, era destinato ad aggiungere sapore ed anche quel surplus di proteine necessarie ad una dieta che, a livello popolare, non disponeva di grandi alternative.