L’ispirata opera di Fabio Bagatta

Il campanile sul Cucchero: nel segno della concordia, non del campanilismo.
Il Paese dei campanili
L’Italia è, da sempre, conosciuta come la terra dei mille campanili.
Specialmente nei piccoli borghi rurali, infatti, le popolazioni trovavano un elemento aggregante nella fede religiosa, nelle sue periodiche manifestazioni, nella chiesa in cui se ne celebravano i riti e, conseguentemente, nel campanile.
Il suono delle campane diffonde messaggi
Era attraverso le campane che avvenivano una serie di comunicazioni importanti per la vita del villaggio.
Oltre a dare indicazioni in merito al celebrarsi delle funzioni religiose, le campane venivano utilizzate anche per allertare la popolazione in caso di pericolo o per chiamarla a collaborare in caso di incendi nel villaggio.
Inoltre, aspetto non meno importante, in un epoca in cui nessuno possedeva un orologio, a partire dal 7 ottobre, 1571 è invalso l’uso, tuttora esistente, di suonare a festa le campane a mezzogiorno.
I contadini forse non sapevano che ciò era un modo per celebrare la vittoria delle milizie cristiane su quelle dell’impero ottomano, avvenuta a Lepanto però…erano ugualmente felici.
Quel suono era per loro il segnale che era giunto il momento di abbandonare la zappa per concedersi un pasto ed un po’ di riposo.
Infine, se con il loro suono rallegravano i giorni di festa, le campane, con il loro cupo rintocco davano, però, anche notizia in merito alla dipartita di un membro della comunità.
Il Campanile: un simbolo per la comunità
Il campanile era quindi l’elemento in cui si intrecciavano i diversi momenti dell’esistenza: quelli tristi, quelli preoccupanti ma anche quelli felici.
Era anche luogo di socializzazione. All’ombra dello stesso, in un tempo a forte impronta religiosa, uomini e donne, in capannelli rigorosamente separati, si fermavano a chiaccherare, a discutere, talvolta anche a giocare, al termine di ogni funzione religiosa.
Un tale intreccio di vissuti, in cui, insieme al sacro, trovavano posto, anche molti altri aspetti della quotidianità, faceva sì che il campanile venissi simbolicamente assunto quale elemento identitario.
Purtroppo, in questa visione, lo stesso era, da una parte, elemento di aggregazione interna ma dall’altra contribuiva alla creazione di un mondo chiuso.
Ogni borgo si viveva come un microscopico universo più incline a scontrarsi che a collaborare con le altre realtà simili che lo circondavano.
Emblema di questa situazione è il paese di Gravagna, diviso in due contrade, Gravagna Montale e Gravagna S. Rocco, ognuna delle quali dotatasi del proprio campanile e dove, tuttora, nelle discussioni da bar, emergono tracce di una orgogliosa appartenenza all’una o all’altra parte.
Mauro Zammaironi e Fabio Bagatta
E proprio in questo borgo due personaggi non banali, uno abile con le lettere, Mauro Zammaironi e l’altro più disinvolto con lo scalpello, Fabio Bagatta, hanno messo a punto un progetto che contiene un’esplicito ed intelligente messaggio unificante: il campanile della concordia.
Lungo il percorso ufficiale della Via Francigena, in uno dei punti più panoramici dell’intero Appennino Tosco Emiliano, sul crinale del Monte Cucchero, hanno, infatti, eretto un campanile in pietra che domina l’intero territorio circostante e, dal quale, sovente, si leva un suono di campane seguito dalla celebrazione della S.messa, udibile in ogni frazione della vallata.

Un campanile panoramico
Peraltro, il punto panoramico, scelto con grande cura, ha richiesto non poca fatica per costruire questo manufatto, realizzato attraverso la sovrapposizione di tre pesanti blocchi di arenaria locale.
Ma ne valeva la pena, infatti, da lì, l’occhio può abbracciare una vasta zona di territorio, tanto da consentire la vista dei numerosi campanili circostanti, tutti magistralmente riprodotti, da Bagatta, in immagini scolpite sul basamento di questo manufatto.
Questi i campanili visibili dal Monte Cucchero.: Cargalla, Cavezzana d’Antena, La Cisa, Gravagna Montale, Gravagna San Rocco, Montelungo, Pracchiola, Succisa e Valdantena.
