
Pontremoli e i suoi ponti
Già il nome, Pontremoli, contiene un chiaro riferimento ai suoi ponti. Pontremoli, deriva infatti dal latino pons tremolans (ponte tremolante. Già: perchè, a quel tempo, i ponti non erano tutti solidissimi…una situazione simile a quella attuale, in sostanza!).
Peraltro non solo la città di Pontremoli ma tutto il suo territorio è attraversato da numerosi corsi d’acqua ed è quindi naturale che, sullo stesso, siano presenti molti ponti.
Ce ne sono di belli, quale è quello dei Chiosi, di grandi, il ponte Zambeccari, di antichi e affascinanti, il ponte medievale di Groppodalosio ma poi…ce n’è uno, lungo la Via Francigena, che è stato scenario di una vicenda appassionante, origine anche del nome che oggi porta: il ponte della spergiura.
La vicenda è questa:
Bartolomeo e Vienna
Bartolomeo era un bel ragazzo, vivace, con un animo gioioso ed il fisico disegnato dalla incessante ginnastica impostagli dalla sua condizione familiare.
Primo di dodici fratelli, aiutava, infatti, il padre nella dura vita dei campi e nell’accudimento delle sei mucche di cui la famiglia disponeva. Un uomo semplice ma sereno.
Vienna era la più bella ragazza dell’intero comprensorio pontremolese.
Alta slanciata, ma con un corpo ben tornito sul quale risaltava il bell’ovale del viso, impreziosito da una bocca carnosa ma, ancor più, da due grandi occhi che, con il loro insolito colore verde chiaro, contribuivano ad esaltarne la bellezza.
Anch’essa figlia di famiglia contadina, si adoperava nel lavoro dei campi ma, a differenza di Bartolomeo, era poco rassegnata a quello che sembrava essere il suo destino.
Nel 1912, all’età di 15 anni, insieme al papà ed alla mamma, si era recata a Genova per andare a trovare lo zio Marcello.
Quest’ultimo infatti aveva ottenuto un incarico da maestro in quella città.
Marcello, felice della visita, decise di stupire la ragazza e per farlo la condusse con sè alla sala Sivori, la prima sala di proiezione sorta in Italia dove, da mesi, come usava allora, proiettavano il cortometraggio Salomè.
Vienna, affascinata da Francesca Bertini, la seducente protagonista del filmato, e resa sicura dalla consapevolezza della sua avvenenza fisica, iniziò a sognare di poterne, un giorno, emulare le gesta.
Bartolomeo e Vienna, vivevano nello stesso borgo e, fin da piccoli, avevano provato un particolare piacere nello stare insieme.
Avevano frequentato la stessa scuola e sovente, ora, trovavano spazio per le reciproche confidenze soprattutto quando, concordandolo, portavano entrambe le loro mucche a pascolare.
Negli anni, poi, l’amicizia assunse un aspetto diverso. I due ragazzi si fidanzarono e come tutti i fidanzati, insieme, progettavano la loro vita futura.
Avevano già programmato anche il giorno in cui si sarebbero sposati, domenica 21 settembre 1913, il giorno di San Matteo, patrono della loro parrocchia.
Bartolomeo parte militare
Purtroppo, malgrado la famiglia numerosa avesse alimentato speranze in tal senso, Bartolomeo non riuscì ad ottenere l’esenzione dal servizio militare.
Fosche nubi si addensavano sull’Europa, i giovani contadini di sana e robusta costituzione erano particolarmente adatti a vestire la divisa e, a giugno del 1913, Bartolomeo dovette partire.

Il giorno antecedente la partenza, ovviamente i due ragazzi lo trascorsero insieme.
In prossimità di quello che allora si chiamava il ponte dei quattro merli, si strinsero, si abbracciarono, piansero.
Probabilmente oltrepassarono il limite dei baci appassionati che, fino ad allora si erano scambiati, in attesa della cerimonia matrimoniale, che tutto avrebbe reso possibile e soprattutto…senza che ciò fosse peccato.
Il giuramento di Vienna
Vienna giurò e spergiurò che, qualsiasi fosse stata la distanza frapposta ai loro corpi, nulla avrebbe mai potuto rendere meno intenso l’amore che nutriva per il suo uomo.
Che lo avrebbe atteso e che se, per qualsiasi ragione, lui non fosse tornato, lei si sarebbe rinchiusa in convento. Ma, come recita il proverbio: fra il dire ed il fare…
Proprio quando Bartolomeo stava terminando la sua leva, scoppiò il primo conflitto mondiale ed, invece che a casa in congedo, il giovane venne inviato a combattere sul Carso.
La corrispondenza fra i due che nel primo periodo era stata intensa, andò progressivamente diradandosi.
Le lettere che Bartolomeo scriveva ricevevano solo sporadiche risposte ed anche quelle non erano particolarmente appassionate.
Il congedo e la grande delusione
Alla fine del 1918, il giovane potè, finalmente, tornare a casa. Ma, malgrado il recente congedo, quello del 1918 non fu un bel Natale per Bartolomeo, tutt’altro.
Anche se talvolta era stato sfiorato dal sospetto di quello cui ora si trovava di fronte, lo aveva sempre allontanato, ritenendolo impossibile da credere.
Nessuno fino ad allora, neppure fra i suoi familiari, aveva avuto il coraggio di comunicarglelo ma, mentre lui trascorreva i suoi giorni in trincea, Vienna si era sposata con un giovanotto locale, abile con le parole.
Non era bello e neppure particolarmente ricco ma millantava una forte capacità d’influenza presso i primi pionieri del cinema, grazie a suo dire, ad un parente, alto prelato, in una popolosa città del Nord.
Vienna, affascinata più dal suo sogno che dall’uomo che lo incarnava, ne accettò la proposta, senza sospettare che, come ben presto avrebbe potuto constatare, l’unico vero artista in famiglia era lui.
Un vero commediante, capace di inventare ed interpretare le storie più fantasiose, se utili a raggiungere obiettivi altrimenti impossibili.
Quella dello zio cardinale, dei film, delle attrici, etc. era stata il suo capolavoro e Vienna ci era cascata ma, ormai, era fatta: era sua moglie.
Bartolomeo si disperò, non volle neppure incontrare la donna intenzionata a parlargli, a fornirgli quelle che, a quel punto e non a torto, a lui apparivano solo consolatorie e inutili spiegazioni.
Un incontro che tutt’al più poteva essere utile solo a lei, per mitigare i suoi sensi di colpa.
No, dopo che aveva infranto ogni suo sogno, quest’ultimo favore non glielo avrebbe fatto!
La sfuggì per giorni, e quando, come era inevitabile che fosse in un piccolo borgo qual’era il loro, la incontrò non riuscì a trattenersi.
Incurante della sua richiesta di ascolto non le permise di profferir parola e, con tutta la rabbia che aveva in corpo il chè non mancò di attrarre quanti si trovavano nelle vicinanze, l’apostrofò gridandole più volte: Spergiura! Spergiura! Spergiura!
Verso il nuovo mondo
Nei giorni successivi, Bartolomeo, mise in una valigia i pochi indumenti che possedeva, si fece cucire, da una sorella, una tasca interna nella camicia, all’interno della quale occultò i suoi magri risparmi. Quelli che fino ad allora aveva racimolato in vista delle nozze.
Con quelle poche cose si recò a Genova, da dove, imbarcatosi sul piroscafo il “Duca di Genova”, raggiunse New york con un viaggio durato oltre un mese.

Sostenuto da volontà e forza fisica, e, fattosi intraprendente per necessità, si impegnò nel settore edile ed, in breve, costituì una società attraverso la quale riusci ad accumulare una discreta fortuna.
Raggiunto dalla notizia di una malattia che lasciava ancor poco tempo di vita all’amata mamma, questa volta comodamente seduto su un aereo di linea, rientrò in patria.
Il rientro a casa
Rientrato, Bartolomeo, si fermò alcuni giorni, presso il paese natio, assistette la madre morire ed ai funerali incontrò anche Vienna, venuta a portare l’ultimo saluto a quella che un tempo già la considerava al pari delle proprie figlie.
Era ancora bella, elegante ma, e questo non poteva sfuggire a chi quel viso lo aveva visto, accarezzato e poi sognato per anni, non troppo felice.
Per concordare un incontro furono sufficenti poche parole: -ai quattro merli, alle sei-. Si rividero, parlarono, piansero, si abbracciarono e poi…
Chi l’ha vista?
Poi Bartolomeo si fermò in paese ancora qualche giorno, per dare conforto ai familiari ed aiutare il padre a sistemare i tristi adempimenti burocratici.
Dopo di chè parti. Ma a seguito della sua partenza un’altra assenza fu notata in paese. Vienna non c’era più. Non aveva lasciato neppure un biglietto, un’indicazione.

Apparentemente non aveva lasciato nulla ma… non è vero!
Aveva infatti lasciato una traccia indelebile del suo passaggio in questa valle: ormai nessuno più menzionava il ponte dei quattro merli. Da allora e credo ormai per sempre, su quel luogo si era impresso un nome che non lo abbandonerà più: il ponte della spergiura!