L’anti Bolsonaro sulla Via Francigena

Luciano: l'anti Bolsonaro della Via Francigena
Luciano: l’anti Bolsonaro della Via Francigena

Il titolo del Blog è “Cosa c’è che non va”: oggi, siamo contenti di contraddirci e parlare di un personaggio positivo incontrato sulla Via Francigena: un cammino ricco di sorprese!

Stiamo parlando di Luciano: l’anti Bolsonaro di casa nostra. Così, almeno, è come si autodefinisce lui.

L’ho incontrato un giorno in cui, per l’ennesima volta, stavo godendomi questa prima, affascinante tappa di Via Francigena Toscana: dal Passo della Cisa a Pontremoli.

Avevo da poco oltrepassato il borgo di Casalina quando, al centro del sentiero, ho visto un individuo intento a svolgere un’attività che non riuscivo a capire quale fosse.

Mi sono avvicinato in silenzio, iniziando ad osservarlo.

Lui non si è scomposto, ha proseguito, nella sua opera, per nulla distratto da questa mia presenza.

Con gesti misurati estraeva piccole querce appena germogliate spontaneamente al centro del sentiero e, dopo averle guardate per qualche secondo, con espressione soddisfatta, grande attenzione e movimenti misurati, le riponeva nel cesto che aveva con sè.

Incuriosito, mi sono avvicinato e incoraggiato dal benevolo sorriso che, a questo punto, mi veniva rivolto, ho iniziato a porre domande, raccogliendo questo bel racconto:

Vivevo a Mantova, città bella ma, come molte città del nord industrializzato, con una qualità dell’aria che, con perifrasi eufemistica, potremmo definire “non troppo soddisfacente”.

Impotente ad agire su questo aspetto ma, nello stesso tempo, consapevole delle influenze negative che esso aveva sul mio stato fisico, decisi, e non in senso figurato, di cambiare aria.

Dopo mesi impiegati nella ricerca, il mio luogo ideale l’ho trovato qui, in Valdantena.

Una valle bella e incontaminata: acque limpide, boschi maestosi, prati fioriti, e quì, aspetto del quale tuttora mi rallegro, mi sono stabilito in un piccolo borgo, Versola, ormai oltre dieci anni or sono.

Consapevole di quanto l’uomo possa nuocere all’ambiente, venuto a conoscenza e scandalizzato dall’indifferenza, o forse anche dalla complicità, fornita dal presidente Bolsonaro a quanti stanno distruggendo la foresta amazzonica, ho deciso di testimoniare la mia avversione, compiendo gesti poco più che simbolici.

Raccolgo pertanto, quando sono ancora piccolissime e avendo cura di non danneggiarne le radici, quelle piante che, spontaneamente, nascono lungo i sentieri (querce, frassini e aceri), dove, inevitabilmente, sarebbero destinate a soccombere sotto l’incedere di centinaia di scarponi.

Poi, con occhio attento alle previsioni del tempo, le curo in vaso per un numero indeterminato di giorni, quelli necessari ad avere condizioni favorevoli al trapianto: clima mite e contemporanee piogge non troppo intense.

A questo punto mi reco nel bosco dove, scegliendo la zona adatta: quella in precedenza devastata da un incendio, oppure quella sopraffatta dai rovi o, per altri motivi, povera di insediamenti arborei e, qui, mi impegno a ripristinare le condizioni ideali a far sì che la piccola pianticella raccolta possa, nel corso degli anni, diventare un robusto divoratore di CO2.

Un ultimo accorgimento adottato è quello di predisporre una sorta di barriera protettiva, utilizzando rami secchi, con i quali circondo il giovane virgulto.

Una soluzione rudimentale ma quasi sempre efficace nel far sì che i caprioli, sazino in maniera diversa il proprio appetito.

Vorrei peraltro essere chiaro: sono consapevole che, neppure se riuscissi a moltiplicare per 10000 il lavoro che faccio, potrei lenire i danni che i troppi Bolsonaro, (ne abbiamo nel Borneo, in Siberia, nel Congo, in Indonesia…) dediti ad uno sfruttamento miope ed inconsulto delle risorse naturali, vanno quotidianamente compiendo.

Il mio è poco più che un gesto di testimonianza. Un gesto, teso a dire una cosa semplice. Questa:

Sui giornali, nel dibattito politico e culturale, poi, sia pur in maniera discontinua, questi temi, sembrano aver conquistato maggior spazio.

Mi sentirei di affermare che sono diventati di moda.

In molti parlano di tematiche ambientali, dicono di averle a cuore, basti pensare al pressoché universale e meritato tributo di consensi ricevuto da Greta.

Se ne sono accorte subito le imprese: una volta capito che il green fa bene ai bilanci, magari inquinano quanto prima ma, enfatizzandone gli effetti, non esitano ad adottare e opportunisticamente pubblicizzare qualche intervento marginalmente virtuoso: un maquillage d’immagine, rivolto ad una platea di ingenui consumatori.

Purtroppo però il tutto sembra tradursi in una profluvio di parole, siano esse spese nelle conversazioni familiari, fra parenti e amici, o nei più paludati convegni di esperti.

Dal punto di vista pratico, poco si fa…a tutti i livelli.

In sostanza siamo più inclini a svolgere un ruolo da osservatori plaudenti, ma pur sempre passivi, che ad impegnarci in prima persona.

E sì che, se sono riuscito a trovarlo io, un modo per fare qualcosa, in questo paradiso naturale che è la Valdantena, appare chiaro che, per gli uomini di buona volontà, sarebbe sufficente guardarsi intorno, per trovarne di ben più impegnativi.

Per gli amici dell’ambiente, infatti, in qualsiasi luogo e contesto c’è, ahinoi, qualcosa da fare ma solo per… quanti ne abbiano veramente voglia.

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